giovedì 25 settembre 2008

Nietzsche - Sugli stati d'animo

Immaginatemi seduto a casa mia la sera del primo giorno di Pasqua, avvolto in una veste da camera; fuori cade una pioggerella sottile; nella camera non c'è nessun altro. Io fisso a lungo il foglio di carta bianca che mi sta davanti, con la penna in mano, stizzito per la confusa quantità di argomenti, fatti e pensieri che reclaman tutti d'essere messi per iscritto; e molti lo fanno con parecchia veemenza, perché sono ancora giovani e spumeggianti come il mosto; ma a ciò si ribella qualche vecchio pensiero maturo e decantato, come un vecchio signore che misura con occhio ambiguo il gran daffare della gente giovane. Diciamolo apertamente, la nostra disposizione di spirito è condizionata dal contrasto tra quei due mondi, il giovane e il maturo, e noi diamo allo stato momentaneo del conflitto il nome di stato d'animo o quello lievemente spregiativo di umore.

Da buon diplomatico, io mi levo un poco al di sopra dei partiti discordi e descrivo le condizioni dello Stato con l'imparzialità di un uomo che giorno per giorno assiste per errore a tutte le sedute dei partiti e applica nella pratica quello stesso principio che deride e contrasta dalla tribuna.

Confessiamolo, io scrivo sugli stati d'animo perché in questo momento sono così disposto; ed è una fortuna che sia disposto a descrivere proprio le disposizioni.

Oggi ho suonato a lungo le Consolations di Liszt, e avverto chiaramente come le note mi siano penetrate nell'animo, e ora vi risuonino spiritualizzate. Ho fatto di recente un'esperienza dolorosa, quella di un addio o non-addio, e ora noto come questo sentimento e quelle note si siano fusi, e credo che la musica non mi sarebbe piaciuta se non avessi fatto quell'esperienza. Il simile cerca dunque di attirare l'anima a sé, e la massa preesistente di sensazioni spreme come un limone i nuovi avvenimenti che colpiscono il cuore, ma sempre in modo tale che solo una parte del nuovo si unisca all'antico, e che ne rimanga un residuo che non trova elementi affini della dimora dell'anima e perciò vi prende stanza da solo, molto spesso con malumore dei vecchi inquilini, con i quali viene sovente a diverbio per questo motivo. Ma guarda! Ecco che viene un amico, un libro si apre, passa una ragazza, senti! Risuona una musica! - Già da ogni parte tornano ad affluire nuovi ospiti nella casa aperta a tutti, e colui che fino a poco fa se ne stava da solo trova molti nobili parenti.

Ma è singolare: non vengono gli ospiti che vogliono, né così come si trovano, bensì coloro che debbono venire, e solo questi. Tutto ciò che l'anima non può riflettere, non la tocca; ma poiché la volontà fa o non fa riflettere l'anima a suo talento, essa viene toccata soltanto da ciò che vuole. E ciò a molti appare contraddittorio; giacché ricordano quale resistenza oppongono a certe sensazioni. Ma che cos'è che in ultima analisi determina la volontà? E quante volte la volontà dorme e vegliano soltanto gli istinti e le inclinazioni? E una delle più forti inclinazioni dell'anima è una certa curiosità, una predilezione per l'inconsueto, e ciò spiega perché sovente ci lasciamo indurre in stati d'animo spiacevoli.

Ma l'anima non recepisce soltanto tramite la volontà; essa è fatta della stessa materia degli eventi, o di una materia simile, e da ciò proviene che un evento che non trova una corda affine, grava tuttavia sull'anima col peso dell'umore, e può gradualmente acquistare una tale preponderanza da schiacciare e comprimere il suo restante contenuto.

Gli stati d'animo derivano dunque dai conflitti interni ovvero da una pressione esterna sul mondo interiore. Qui una guerra civile di due campi opposti, là l'oppressione del popolo da parte di un ceto, di un'esigua minoranza.

Quante volte, quando tendo l'orecchio ai miei pensieri e sentimenti e tacitamente mi sorveglio, me è sembrato di udire il ronzio e lo strepito delle turbolente fazioni, come se qualcosa stormisse per l'aria, come quando un'aquila o un pensiero si levano incontro al sole.

La guerra è l'alimento costante dell'anima, che da essa sa trascegliere per sé quanto le basta di dolcezza e di bellezza. Ciò facendo distrugge e procrea il nuovo, lotta accanitamente, ma attrae soavemente il nemico dalla sua parte per un'intera unione. E ciò che più stupisce è che non bada mai all'esteriorità: nomi, personaggi, luoghi, belle parole, tratti di penna, tutto è per lei di valore subordinato; ed essa pregia invece ciò che è nascosto nella scorza.

Ciò che ora è forse tutta la tua felicità o tutto il tuo cruccio, probabilmente tra breve non sarà che l'involucro di un sentimento ancor più profondo e quindi si perderà in sé stesso al sopravvenire di un qualcosa di superiore. E così i nostri stati d'animo si approfondiscono sempre di più, nessuno assomiglia con precisione a un altro, bensì ciascuno è infinitamente giovane e il Parto dell'Attimo.

Penso ora a tante cose che ho amato; si sono susseguiti i nomi e le persone, e non voglio affermare che davvero le loro nature siano diventate sempre più belle e profonde; però è vero che ciascuno di questi stati d'animo consimili rappresenta per me un progresso, e che è insopportabile per lo spirito ripercorrere le stesse fasi che ha già percorso; esso vuole espandersi sempre più in alto, sempre più in profondo.

Vi saluto, o stati d'animo, mirabili alternanze di un'anima impetuosa, vari come la natura ma di essa più grandi, perché vi superate di continuo, guardate sempre in alto; mentre la pianta profuma oggi come profumava nel giorno della creazione. Io non amo più come amavo qualche settimana fa; in questo momento non sono più dello stesso umore di quando ho incominciato a scrivere. -

(Nietzsche - La mia vita - SCRITTI AUTOBIOGRAFICI 1856- 1869)